Mimesis, Milano-Udine 2009, 226 pp.
Cosa rimane dell’uomo – dopo che il martello nietzscheano ha colpito ogni certezza, frantumato idoli e credenze, resa vana persino la ricerca della verità? Perché nemmeno il disincanto e la disillusione totale sono auspicabili all’interno dell’orizzonte di trasvalutazione delineato dal filosofo dell’eterno ritorno? Solo tenendo conto di un particolare movimento oscillatorio si può provare a rispondere a questi interrogativi, per comprendere la potenza e la perfezione del pensiero di chi – come Friedrich Nietzsche – non ha firmato alcune tra le tappe cruciali della storia della filosofia da semplice “distruttore”. Nasce in questa atmosfera di aurorale rinnovamento la necessità di una danza – propiziatoria rispetto all’emancipazione dal passato e al contempo perfettamente consapevole della natura e dei limiti di coloro che sono chiamati a seguire le sue polifoniche, dissonanti armonie. Annoverato tra i grandi “maestri del sospetto”, Friedrich Nietzsche (1844-1900) è stato protagonista e testimone di una svolta radicale nella storia del pensiero occidentale. In un appunto privato ha scritto: «Talvolta guardo la mia mano pensando che ho in mano il destino dell’umanità: lo rompo invisibilmente in due pezzi, prima di me, dopo di me…». La cultura filosofica contemporanea è ancor oggi chiamata a fare i conti con la forza della sua inconfondibile provocazione intellettuale.