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Chi sono

Mi piace di più rappresentarmi come pensatrice che come filosofa

Per me questa disciplina significa innanzitutto guardare al mondo senza dare nulla per scontato, come se ci fosse sempre qualcosa di più da scoprire – un aspetto diverso da mettere in luce, una prospettiva nuova da studiare nella sua genealogia e da vagliare per le sue conseguenze. Il mio canone bibliografico è composto da libri molto eterogenei tra loro e che tradizionalmente starebbero su scaffali anche distanti, ma che la regola del ‘buon vicinato’ ha fatto accostare ed entrare in dialogo. La mia palestra di riflessione coincide spesso con quello che accade dentro e fuori di me. Mio nonno mi chiamava Vittoria perché volevo averle vinte tutte; un po’ alla volta ho capito che in realtà non si tratta di vincere qualcosa e che l’unica partita che vale la pena ricordare è quella in cui si è contenti di come si ha giocato. Con l’esercizio del pensiero è lo stesso: molto spesso i problemi non sono indovinelli che aspettano di essere risolti, ma orizzonti di vita da mappare e imparare ad abitare.

Mi sono appassionata innanzitutto a Nietzsche e al suo dissacrante dire sì,

persino alle illusioni che lui stesso abbatte con il martello dello scetticismo, in un circolo paradossale di distruzione, conservazione e trasformazione di tutto ciò che è umano e troppo umano. Successivamente mi sono rivolta alla psicoanalisi, nel tentativo di restituire alla riflessione di Freud una pregnanza teoretica, al di là degli aspetti clinici del suo lavoro. Mi sono progressivamente spostata verso il pensiero francese – di Deleuze in particolare –, nella convinzione che rappresenti il modo di far convergere e sviluppare quanto detto fin qui, contraddizioni incluse.
Ho studiato Storia contemporanea a Bologna e la Filosofia a Padova. Oggi lavoro all’Università di Udine e insegno nella scuola secondaria di secondo grado.

Silvia Capodivacca